VITTORINO, PATRONO SCONOSCIUTO
Di Paola Mercurelli Salari

All'interno dell'abbazia benedettina di San Pietro, entro un sarcofago romano, riposano le spoglie di San Vittorino, misconosciuto copatrono della città e secondo vescovo di Assisi, succeduto al martire Rufino, al quale è intitolata la cattedrale. Anche Vittorino subì il martirio per la sua fede e, dopo essere stato gettato tra le fiamme, uscitone vivo, venne decapitato con una scure nei pressi di un antico ponte sul Tescio che tuttora porta il suo nome. Fu sepolto sul luogo stesso del suo martirio, dove ben presto sorse una chiesetta per onorarne la memoria. Sullo scadere del X secolo il suo corpo fu traslato nella chiesa extra moenia di san Pietro. Nel 1642 i benedettini vollero eseguire una ricognizione delle sacre spoglie e dar loro più degna sepoltura. Le ossa del martire giacevano in una cassetta di legno accanto ad un'altra con delle ossa e dei pannolini intrisi di sangue, testimonianza sicura del martirio subito da altri cristiani assieme al santo vescovo. L'evento è riportato in una relazione manoscritta conservata nell'Archivio Frondini e sunteggiata da Cristofani nelle Storie di Assisi. L'anno 1642 volendo i monaci neri di San Pietro riporre in più onorato avello le ossa di san Vittorino vescovo, fu da Malatesta Baglioni, che di quel tempo governava la chiesa d'Assisi, ordinata una solennissima processione per tutta la città. Perché e magistrati e cittadini gareggiarono di pompa e slendidezza nell'ornare le vie e la facciate dé palagi e delle case d'arazzi, di pitture e di fiori. Tra i quali ornamenti furono tenuti bellissimi alcuni archi di trionfo, dove il Marinelli e gli altri artefici furono a concorrenza adoperati, e due storie grandi del martirio di quel santo, da loro dipinti per gli uomini di porta San Francesco e per la piazza maggiore. In quest'ultimo luogo, dove la magnificenza degli apparecchi soperchiava, erano due archi divisati con macchinose architetture, ed una fontana che per quel dì menò continuamente vino a benefizio e rallagramento del popolo... Fu ancora notabile quella processione per un accompagnamento di figure allegoriche, le quali erano intorno all'arca del santo. Perciocché oltre alle quattro parti della terra, vi si vedevano l'Italia, l'Umbria e la città di Assisi con nobili e accomodate acconciature, seguitate da drappelli di putti e di fanciulle messe a foggia d'angioli e recanti fra mano i simboli delle figure principali, e degli strumenti del martirio d'esso santo. Delle quali tutte cose fu al Marinelli, al Martelli, e al Sermei data la cura sì delle invenzioni e sì dell'eseguimento. La perdita del culto di san Vittorino, festeggiato il 22 agosto, ne ha inevitabilmente cancellato ogni altra memoria storica. Sfugge alle coscienze cittadine la sua condivisione con San Rufino del peso di dover proteggere una città nota soprattutto per l'aver dato i natali a santi ben più illustri. Ma quando il fluire della storia finisce con l'indebolire il ricordo, i personaggi e le gesta si alimentano delle loro presenze iconografiche. Due le testimonianze conservate nell'abbazia benedettina: un affresco di metà Trecento attribuito a Pace di Bartolo nella cappella del Sacramento ed un trittico (1468) di Matteo da Gualdo, gelosamente custodito in convento, dove il santo accompagna, con San Pietro, la Madonna e il Figlio.

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